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DITTA INDIVIDUALE O LIBERO PROFESSIONISTA? COME FARE LA SCELTA MIGLIORE

 

Dal punto di vista legale, gli ordinamenti del libero professionista e quello della ditta individuale hanno una serie di differenze sostanziali che è bene considerare prima di intraprendere una strada o l’altra. Allo stesso tempo, è altresì necessario riflettere sulla forma giuridica più corretta rispetto l’attività che si vuole avviare, oltre all’impegno fiscale, amministrativo e previdenziale che si vuole intraprendere. Una differenza concreta che, se valutata in modo corretto e ponderato, può offrire (..o precludere) una serie di opportunità future. Infatti, sebbene da vicino sembrerebbero non presentare grandi diversità, le due forme giuridiche hanno caratteri precisi nell’aspetto organizzativo e contabile. Una sola peculiarità di base accumuna libero professionista e ditta individuale: ovvero la sfera e definizione di lavoro autonomo.

L’art 2222 del Codice Civile stabilisce quali sono le caratteristiche del lavoro autonomo, come “..quei soggetti che svolgono in maniera indipendente la propria impresa, progettando, organizzando e realizzando ogni attività..”. Sulla base di questo principio, la normativa fiscale e civilistica chiarisce che nel loro insieme, tutte le attività di lavoro autonomo indipendente si possono suddividere in due macro-categorie. La prima è quella delle “attività d’impresa” (dette anche ditte individuali) dove rientrano ad esempio gli artigiani ed i commercianti al dettaglio. La seconda invece, abbraccia le attività di lavoro intellettuale sempre autonomo come gli avvocati, i consulenti aziendali e gli artisti. In poche parole (o nel parlar comune), i liberi professionisti.

La principale differenza tra libero professionista e ditta individuale riguarda quindi l’obbligo di iscrizione al Registro Imprese, ai cui sono tenuti solo quest’ultimi. All’opposto, i liberi professionisti appartenenti a determinate professionalità dette anche “protette”, devono iscriversi all’albo di appartenenza dopo aver superato l’esame di abilitazione alla professione (come l’ordine dei medici, quello degli avvocati e notai, l’ordine dei geometri, psicologi, etc..). Vediamo ora le differenze principali.

 

COSA È LA DITTA INDIVIDUALE E COME SI COSTITUISCE

Carattere intrinseco della ditta individuale è la peculiarità di non rientrare in alcun rapporto di dipendenza con un datore di lavoro (lavoro subordinato o dipendente). Il suo guadagno relativo, dipenderà dall’insieme di attività svolte in funzione della vendita di un bene e/o servizio. Come autonomo, anche la burocrazia, i bilanci, il versamento delle tasse etc.. dovrà essere fatto in modo autonomo dal titolare. Un aspetto (quest’ultimo) da non sottovalutare nella scelta. A tal proposito, vi suggeriamo un nostro recente post che evidenzia l’importanza di questa valutazione rispetto l’idea comune di propendere sempre per il pagare meno tasse possibili. Affinché ci sia un’impresa individuale, occorre che l’attività abbia dei requisiti minimi, ovvero:

  1. Sia focalizzata nella produzione di beni e/o scambio di servizi
  2. Sia un’attività coordinata nella gestione di beni e risorse
  3. Sia abituale, sistematica o comunque continuativa nel tempo
  4. Possieda il “requisito della professionalità”, cioè sia riconosciuta tramite albi e certificazioni.

Nella ditta individuale infatti rientrano gli imprenditori singoli appartenenti alla categoria gli artigiani (in senso ampio idraulici, imbianchini, fabbri e falegnami, meccanici, estetiste e parrucchieri, ecc.) ma anche i commercianti all’ingrosso, venditori ambulanti, quelli porta a porta etc. È la forma giuridica più semplice, meno costosa e per la sua costituzione non sono richiesti speciali adempimenti. Occorre infatti aprire una partita IVA, richiedere l’iscrizione al Registro Imprese, all’INPS per i contribuiti pensione ed eventualmente da enti terzi, qualche autorizzazione specifica per il lavoro rilasciata dalla Questura e/o Comune.

 

COSA È IL LIBERO PROFESSIONISTA E COME SI COSTITUISCE

Si parla invece di libero professionista in senso ampio, quando si esercita in modo autonomo una libera professione intellettuale. Gli esempi più classici sono i consulenti aziendali, quelli nell’ambito digitale, gli avvocati e gli architetti; sono spesso figure che richiedono una laurea ed alcune categorie lavorative rientrano in un Albo o registri riconosciuti. Allo stesso modo, esistono specificità professionali in piena autonomia che non richiedono alcuna iscrizione professionale, non hanno particolari vincoli di orario e sono gestiti in totale indipendenza: l’esempio più conosciuto è quello del broker finanziario. A separare questo confine, è la legge italiana che determina quali professioni intellettuali richiedano il superamento di un esame di Stato e l’iscrizione ad appositi Albi (o Collegi) a seguito della laurea. Esse sono dette “professionalità protette”. Le professioni invece in cui l’esercizio per legge non è vincolato a questa procedura, vengono chiamate “non regolamentate“. Questo però non esclude che siano rappresentate territorialmente e localmente da relative associazioni.

La tutela previdenziale dei liberi professionisti differisce in modo netto a seconda che la competenza lavorativa ricada nei soggetti detti “protetti” o nei “non regolamentati“. Nel primo caso, entrate ed uscite (quindi relativi contributi e prestazioni) sono gestiti da casse previdenziali di categoria. Nel secondo caso invece, è prevista l’iscrizione alla Gestione Separata INPS, con contributo interamente a carico del libero professionista e con la possibilità di addebitare al committente il 4% dei compensi lordi (il trattamento previdenziale di tali soggetti è analogo a quello previsto per i collaboratori coordinati e continuativi). Vi sono due strade possibili per un libero professionista: aprire una partita Iva con il regime ordinario, oppure prediligere il regime forfettario (dove non c’è alcuna possibilità di scaricare i costi d’impresa). Per capire meglio di cosa stiamo parlando, vi rimandiamo ad un nostro articolo dettagliato sulle differenze tra regimi forfettari ed ordinari, analizzando le relative differenze di tassazione.

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